Le minoranze etniche che vivono sulle montagne delle regioni del nord della Thailandia sono chiamate tribu' o gente delle montagne “chao khao” ; oppure “khon pucao”; che letteralmente tradotto nella nostra lingua significa: i montanari . Ogni tribu' parla una lingua a se' , ha una differente religione, usi e costumi propri. La maggior parte sono semi-nomadi che migrarono in Thailandia dal Tibet. I “Padaung” infatti, sono un popolo seminomade appartenente alla stirpe dei Karen (i thai infatti usano chiamare le donne giraffa quali “le Karen dal collo lungo”) sono ammirabili in 3 diversi villaggi posti intorno a Mae Hong Son, vicino al confine con il Myanmar, quello di Nam Phiang Din, il più grande è quello di Nai Soi, a 35 km a Nord Ovest di Mae Hong Son conosciuto anche come Nupa Ah, e un altro è quello di Khun Huai Dua. Attraversarono in tempi relativamente recenti il confine di stato provenienti dalla Birmania stessa, dove alcuni conflitti etnici e politici nonché razziali ne avevano da tempo reso ardua l’esistenza. La Thailandia ha accolto quali profughi questi popoli, ma in maniera piuttosto fredda e distaccata relegandoli ad aree strettamente attigue al confine stesso, confine che i Padaung non possono più riattraversare pena la morte. Per lo Stato thailandese i Padaung costituiscono comunque una importantissima fonte di redditività turistica, tanto che sui loro villaggi vige una stretta e rigorosa sorveglianza nonché alcune imposizioni sui costumi di questo popolo che progressivamente ha oramai perso la tradizione culturale di applicare i famosi anelli al collo. Anch’essi hanno un passato come coltivatori di piante oppiacee, ma avendo poi avuto fortissime restrizioni dall’esercito, si sono riciclati in bravissimi artigiani nella lavorazione di oggetti in legno e metallo. Li aiutano non poco e sicuramente ad un prezzo altissimo, le entrate economiche dovute e derivanti da un certo flusso turistico di curiosi , per quella che è una particolarità delle loro donne e che ha reso questa tribù primitiva, veramente molto conosciuta e famosa in tutto il mondo. La particolarità delle loro donne è quella di portare fin da bambine dei “collari” metallici che le costringono a stare continuamente con il collo allungato… Mano a mano che crescono poi, questo collare viene sostituito continuamente da un’altro e progressivamente più alto del precedente. Questo stimola continuamente l’allungamento delle vertebre cervicali e quindi un conseguente allungamento del collo, considerato anche, si dice, sinonimo di bellezza e fascino femminile. Fino ad arrivare in età adulta dove, alla fine del processo di accrescimento fisico, hanno ormai dei colli lunghi più di una trentina di centimetri. Proprio per questa particolarità, sono anche dette “donne giraffa”! Si dice inoltre che nelle loro usanze culturali ci sia anche quella per cui nel matrimonio, il marito abbia potere di vita o di morte rispetto alla moglie. In caso di tradimento o altra colpa grave per esempio, lui è autorizzato a togliere il collare! Quello che ci potrebbe sommariamente apparire come una liberazione risulta poi invece… una vera e propria condanna a morte. Infatti, dopo una vita che indossano quel collare… la muscolatura che sostiene il collo è ormai in gran parte completamente atrofizzata e la testa non più sostenuta… ricade sulle spalle. L’esofago e la trachea di conseguenza così, oltremodo allungati… pian piano si ripiegano su se stessi…impedendogli di deglutire il cibo e respirare. Il collare è grezzo ed in metallo pieno… pesa oltre cinque chili! Non è solo il collo ad allungarsi… ma anche le clavicole ad abbassarsi Il che non consente quindi, una buona ossigenazione polmonare. Questo le porta lentamente, ma inesorabilmente ed in breve tempo, alla morte! Resta famoso un servizio di "National Geographic" dove è riprodotta la radiografia del collo di una donna Padaung: le vertebre cervicali sono separate le une dalle altre; con i muscoli del collo completamente atrofizzati la donna, senza anelli, non potrebbe più sostenere il peso della propria testa. In certe comunità, anziché aggiungere nuovi anelli alla spirale esistente, viene tolta alla bambina la vecchia spirale e sostituita con una nuova, più lunga, formata da più spire. Durante questa operazione è la madre a sorreggere la testa della figlia che, altrimenti, resterebbe completamente disarticolata. L’origine del cinico costume di stravolgere la struttura vertebrale con l’aggiunta di anelli di bronzo si perde nella leggenda che narra che i Nat (gli spiriti che fanno parte della tradizione di ogni popolo birmano) della tribù dei Karen, per punire i Padaung, aizzarono le tigri più feroci della foresta controre loro donne. Fu così che gli uomini vedendole morire una dopo l’altra, decisero di forgiare dei grossi anelli d’oro con cui proteggere il collo, i polsi e le caviglie dai morsi dei felini. Da allora quell’usanza non fu più abbandonata ed anzi si tramutò in simbolo di bellezza, seduzione e fedeltà . Da secoli il rito di iniziazione si ripete pressoché identico: all’età di 5 anni durante una cerimonia ricca di canti e danze alle bambine vengono applicate spirali di ottone alle braccia e alle caviglie e un collare del peso di circa tre chili attorno al collo, ogni due anni viene aggiunto un anello. Le regole, nella società Padaung, sono nettamente differenziate tra uomo e donna: gli uomini hanno le loro leggi, le donne le loro. Si tratta probabilmente di un retaggio antico, quando la società Padaung era matriarcale. E' la madre a decidere se mettere o no alla propria figlia gli anelli attorno al collo. Nella tradizione del popolo Padaung, le ragazze che non indossavano la “corazza d’ottone” erano considerate prive di moralità: non potevano sposarsi e avere figli..Due o tre volte al giorno le donne Padaung provvedono ad un'accurata pulizia del proprio collo. Il clima caldo e umido, il sudore e le condizioni igieniche precarie favoriscono la formazione di ossido tra gli anelli e l'annidarsi di infezioni su quella parte del corpo, con conseguente rischio di ulcerazioni che non potrebbero curare. La loro pelle sotto quegli anelli è qualcosa di orribile, anche sulle donne più giovani: una specie di duro cuoio, raggrinzito ed incartapecorito, di un colore marrone giallastro, quasi l'enorme crosta di un'unica cicatrice. La loro medicina è relegata ad una specie di sciamano con rimedi erboristici ed esoterici. Sono basse di statura. Il lungo collare gli limita i movimenti e che perciò non fanno grandi cose lavorative nel quotidiano. Infatti, sembravano proprio oziare in gruppetti di due o tre, sotto le proprie capanne. Camminano a piccoli passi, come se avessero le gambe bloccate dagli anelli che portano ai polpacci. Le mani si intravedono appena, con i polsi sottili nascosti da un'infinità di bracciali d'argento..Vivono in simbiosi con la foresta a cui devono tutto quello che hanno per il loro sostentamento e mantenimento, hanno una religione e filosofia ideologica, “animista”. Non c'è radice o erba che sfugga al pentolone che bolle in continuazione sul fuoco, anche se è raro vedere le donne-giraffa mangiare: tutt'al più si limitano a spizzicare qualcosa di nascosto, e mai tutte insieme. Il momento della deglutizione le porta a compiere strani movimenti con la testa, si deduce che deve essere particolarmente lunga e forse anche fastidiosa da effettuare.. Avvicinandole si sente subito l'alito "profumato" di aglio e zenzero. Le gengive rosa sono quasi completamente prive di denti. Le donne portano tutte una chioma lunghissima che, se sciolta, raggiunge i loro piedi… praticamente non tagliano mai i loro capelli. I loro bambini, sono come i bambini di tutto il mondo… giocano, corrono e scorrazzano! Le bambine con quelle testoline dritte… e già imprigionate nei collarini metallici. Osservando i maschietti, pochi in verità e solo piccoli (evidentemente questi, iniziano e partecipano alle uscite dei grandi, in tenera età) non possiamo che pensare alla loro fortuna per essere nati maschi e poter così evitare quella strana, singolare e per noi crudele, usanza. Oggi purtroppo questa tradizione viene continuata anche per sollecitare ulteriormente la spregiudicata attrattiva turisitica. Questo e' forse l’ultimo baluardo di uno dei popoli più antichi e primitivi esistenti nella Thailandia… prima che possano arrivare purtroppo, a scomparire eventualmente del tutto.
giovedì 24 aprile 2014
I Paduang (Koh Yao)
Le minoranze etniche che vivono sulle montagne delle regioni del nord della Thailandia sono chiamate tribu' o gente delle montagne “chao khao” ; oppure “khon pucao”; che letteralmente tradotto nella nostra lingua significa: i montanari . Ogni tribu' parla una lingua a se' , ha una differente religione, usi e costumi propri. La maggior parte sono semi-nomadi che migrarono in Thailandia dal Tibet. I “Padaung” infatti, sono un popolo seminomade appartenente alla stirpe dei Karen (i thai infatti usano chiamare le donne giraffa quali “le Karen dal collo lungo”) sono ammirabili in 3 diversi villaggi posti intorno a Mae Hong Son, vicino al confine con il Myanmar, quello di Nam Phiang Din, il più grande è quello di Nai Soi, a 35 km a Nord Ovest di Mae Hong Son conosciuto anche come Nupa Ah, e un altro è quello di Khun Huai Dua. Attraversarono in tempi relativamente recenti il confine di stato provenienti dalla Birmania stessa, dove alcuni conflitti etnici e politici nonché razziali ne avevano da tempo reso ardua l’esistenza. La Thailandia ha accolto quali profughi questi popoli, ma in maniera piuttosto fredda e distaccata relegandoli ad aree strettamente attigue al confine stesso, confine che i Padaung non possono più riattraversare pena la morte. Per lo Stato thailandese i Padaung costituiscono comunque una importantissima fonte di redditività turistica, tanto che sui loro villaggi vige una stretta e rigorosa sorveglianza nonché alcune imposizioni sui costumi di questo popolo che progressivamente ha oramai perso la tradizione culturale di applicare i famosi anelli al collo. Anch’essi hanno un passato come coltivatori di piante oppiacee, ma avendo poi avuto fortissime restrizioni dall’esercito, si sono riciclati in bravissimi artigiani nella lavorazione di oggetti in legno e metallo. Li aiutano non poco e sicuramente ad un prezzo altissimo, le entrate economiche dovute e derivanti da un certo flusso turistico di curiosi , per quella che è una particolarità delle loro donne e che ha reso questa tribù primitiva, veramente molto conosciuta e famosa in tutto il mondo. La particolarità delle loro donne è quella di portare fin da bambine dei “collari” metallici che le costringono a stare continuamente con il collo allungato… Mano a mano che crescono poi, questo collare viene sostituito continuamente da un’altro e progressivamente più alto del precedente. Questo stimola continuamente l’allungamento delle vertebre cervicali e quindi un conseguente allungamento del collo, considerato anche, si dice, sinonimo di bellezza e fascino femminile. Fino ad arrivare in età adulta dove, alla fine del processo di accrescimento fisico, hanno ormai dei colli lunghi più di una trentina di centimetri. Proprio per questa particolarità, sono anche dette “donne giraffa”! Si dice inoltre che nelle loro usanze culturali ci sia anche quella per cui nel matrimonio, il marito abbia potere di vita o di morte rispetto alla moglie. In caso di tradimento o altra colpa grave per esempio, lui è autorizzato a togliere il collare! Quello che ci potrebbe sommariamente apparire come una liberazione risulta poi invece… una vera e propria condanna a morte. Infatti, dopo una vita che indossano quel collare… la muscolatura che sostiene il collo è ormai in gran parte completamente atrofizzata e la testa non più sostenuta… ricade sulle spalle. L’esofago e la trachea di conseguenza così, oltremodo allungati… pian piano si ripiegano su se stessi…impedendogli di deglutire il cibo e respirare. Il collare è grezzo ed in metallo pieno… pesa oltre cinque chili! Non è solo il collo ad allungarsi… ma anche le clavicole ad abbassarsi Il che non consente quindi, una buona ossigenazione polmonare. Questo le porta lentamente, ma inesorabilmente ed in breve tempo, alla morte! Resta famoso un servizio di "National Geographic" dove è riprodotta la radiografia del collo di una donna Padaung: le vertebre cervicali sono separate le une dalle altre; con i muscoli del collo completamente atrofizzati la donna, senza anelli, non potrebbe più sostenere il peso della propria testa. In certe comunità, anziché aggiungere nuovi anelli alla spirale esistente, viene tolta alla bambina la vecchia spirale e sostituita con una nuova, più lunga, formata da più spire. Durante questa operazione è la madre a sorreggere la testa della figlia che, altrimenti, resterebbe completamente disarticolata. L’origine del cinico costume di stravolgere la struttura vertebrale con l’aggiunta di anelli di bronzo si perde nella leggenda che narra che i Nat (gli spiriti che fanno parte della tradizione di ogni popolo birmano) della tribù dei Karen, per punire i Padaung, aizzarono le tigri più feroci della foresta controre loro donne. Fu così che gli uomini vedendole morire una dopo l’altra, decisero di forgiare dei grossi anelli d’oro con cui proteggere il collo, i polsi e le caviglie dai morsi dei felini. Da allora quell’usanza non fu più abbandonata ed anzi si tramutò in simbolo di bellezza, seduzione e fedeltà . Da secoli il rito di iniziazione si ripete pressoché identico: all’età di 5 anni durante una cerimonia ricca di canti e danze alle bambine vengono applicate spirali di ottone alle braccia e alle caviglie e un collare del peso di circa tre chili attorno al collo, ogni due anni viene aggiunto un anello. Le regole, nella società Padaung, sono nettamente differenziate tra uomo e donna: gli uomini hanno le loro leggi, le donne le loro. Si tratta probabilmente di un retaggio antico, quando la società Padaung era matriarcale. E' la madre a decidere se mettere o no alla propria figlia gli anelli attorno al collo. Nella tradizione del popolo Padaung, le ragazze che non indossavano la “corazza d’ottone” erano considerate prive di moralità: non potevano sposarsi e avere figli..Due o tre volte al giorno le donne Padaung provvedono ad un'accurata pulizia del proprio collo. Il clima caldo e umido, il sudore e le condizioni igieniche precarie favoriscono la formazione di ossido tra gli anelli e l'annidarsi di infezioni su quella parte del corpo, con conseguente rischio di ulcerazioni che non potrebbero curare. La loro pelle sotto quegli anelli è qualcosa di orribile, anche sulle donne più giovani: una specie di duro cuoio, raggrinzito ed incartapecorito, di un colore marrone giallastro, quasi l'enorme crosta di un'unica cicatrice. La loro medicina è relegata ad una specie di sciamano con rimedi erboristici ed esoterici. Sono basse di statura. Il lungo collare gli limita i movimenti e che perciò non fanno grandi cose lavorative nel quotidiano. Infatti, sembravano proprio oziare in gruppetti di due o tre, sotto le proprie capanne. Camminano a piccoli passi, come se avessero le gambe bloccate dagli anelli che portano ai polpacci. Le mani si intravedono appena, con i polsi sottili nascosti da un'infinità di bracciali d'argento..Vivono in simbiosi con la foresta a cui devono tutto quello che hanno per il loro sostentamento e mantenimento, hanno una religione e filosofia ideologica, “animista”. Non c'è radice o erba che sfugga al pentolone che bolle in continuazione sul fuoco, anche se è raro vedere le donne-giraffa mangiare: tutt'al più si limitano a spizzicare qualcosa di nascosto, e mai tutte insieme. Il momento della deglutizione le porta a compiere strani movimenti con la testa, si deduce che deve essere particolarmente lunga e forse anche fastidiosa da effettuare.. Avvicinandole si sente subito l'alito "profumato" di aglio e zenzero. Le gengive rosa sono quasi completamente prive di denti. Le donne portano tutte una chioma lunghissima che, se sciolta, raggiunge i loro piedi… praticamente non tagliano mai i loro capelli. I loro bambini, sono come i bambini di tutto il mondo… giocano, corrono e scorrazzano! Le bambine con quelle testoline dritte… e già imprigionate nei collarini metallici. Osservando i maschietti, pochi in verità e solo piccoli (evidentemente questi, iniziano e partecipano alle uscite dei grandi, in tenera età) non possiamo che pensare alla loro fortuna per essere nati maschi e poter così evitare quella strana, singolare e per noi crudele, usanza. Oggi purtroppo questa tradizione viene continuata anche per sollecitare ulteriormente la spregiudicata attrattiva turisitica. Questo e' forse l’ultimo baluardo di uno dei popoli più antichi e primitivi esistenti nella Thailandia… prima che possano arrivare purtroppo, a scomparire eventualmente del tutto.
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