Cio' che altrove per i sovrani erano gli stalloni o i falchi reali, per i re del siam sono sempre stati i chang puak, gli elefanti bianchi. Chi trovi un esemplare di questo tipo che gia' da giovane presenti macchie rosa sulla fronte o sulle orecchie e abbia occhi e unghie bianchi, in thailandia ha letteralmente il dovere di consegnarlo seduta stante al palazzo reale. Non importa se gli zoologi parlano di "albinismo": qui la gente e' convinta che un gran numero di elefanti bianchi assicuri al re una reggenza fortunata. L'attuale monarca educato in svizzera , ne possiede una quindicina a corte. L'elefante, animale sacro a Buddha, sotto le cui sembianze si dice, egli scese sulla terra e adesso simbolo della Thailandia, corre il pericolo di estinzione e proprio nel suo paese d'origine, una nazione la cui silhouette geografica si dice assomigli ad una testa d'elefante. Il governo ha pertanto, creato un parco nazionale in cui vivono gli ultimi esemplari d'elefanti selvatici. Ma è ben poca cosa. Gli asiatici hanno da sempre addomesticato il mammifero più grosso e più forte della terra, oltre ad averlo cacciato e oltraggiato, e questo pachiderma non è stato solo animale da fatica, nel corso dei secoli i Thai, i Birmani, e i Khmer hanno affrontato infinite battaglie con i loro grandi eserciti di elefanti. E quando, verso la fine del diciannovesimo secolo, re Chulalongkorn (Rama V) accolse in visita ufficiale alcuni ospiti tedeschi, fece organizzare in loro onore una imponente caccia all'elefante. Fino agli anni cinquanta ce n'erano ancora più di 14.000 esemplari. Oggi ne sono rimasti circa tremila soltanto. La gravidanza di un elefante dura dai venti ai ventidue mesi e al massimo nasceranno due piccoli, molto raramente tre, ma in questo caso uno o due non sopravvivranno. Quindi la situazione demografica di queste bestie non potrà certo migliorare in un immediato futuro. Si dovranno attendere molti decenni prima di ristabilire un minimo di riequilibrio e con i pachidermi, bisognerà cercare di salvare, nel contempo, e proteggere il loro habitat naturale : la foresta. Un elefante può lavorare anche 50 anni. Quando è giovane gli verranno assegnati due "mahout", addestratori, uno giovane ed uno più anziano, solitamente padre e figlio, e solo con loro imparerà a spingere, trasportare e impilare la legna di teak. Un addestramento che spesso dura numerosi anni. L'elefante asiatico vive normalmente fino a 80 anni e anche di più e, secondo la legge tailandese, deve smettere di lavorare a 61 anni. Gran parte degli alberi di teak vengono ancora abbattuti in Birmania e nel Laos dalle stesse compagnie del legno. E fra Chiang Mai e Bangkok non è certo un segreto che i ladri di alberi vadano a caccia degli ultimi giganti di teak armati di ricetrasmittenti. Nei loro spostamenti si servono degli elefanti che fanno poco rumore e lasciano meno tracce dei trattori essendo le loro zampe grandi, morbide e che sanno perfettamente distribuire il peso, evitando di danneggiare il terreno e di lasciare evidenti tracce. Per un giorno di lavoro i negrieri della mafia locale guadagnano un enormità, e dovrebbero prendere in considerazione, cosa che spesso ignorano, che un elefante dopo sole cinque ore di attività ha bisogno di due giorni di riposo per ricaricarsi. Nel nord della Thailandia, a Mae Sai, sulle rive del fiume Mae Nam Ping di lato alla frontiera con la Birmania, ora Mianmar, c'è un ristorante da dove, mangiando sulla terrazza, si possono con facilità osservare gli elefanti guidati in riva al fiume. Ogni animale porta sul dorso il proprio conduttore e ne segue i gesti e i comandi ubbidiente, ricordando forse un bambino fiducioso in compagnia del genitore. Si vedono arrivare in fila trottando, le proboscidi penzolanti sulla terra scura, mentre escono dalla foresta fino a raggiungere l'acqua. Allora il capo dei mahout, impartisce ordini secchi gridando "Maab", che vuol dire "seduti". Lo stesso grido verrà ripetuto da mahout a mahout e allora ogni elefante si piegherà, adagio, depositando l'uomo sul greto del fiume e si rotolerà contento nel fango della riva. Qui tutti si lasceranno innaffiare, lavare, strigliare dai loro piccoli padroni. Una gioia generale la loro, pachidermi buoni, che sotto miriadi di gocce brillanti nel sole, fra un sonoro sguazzare, un barrire, li farà persino ridere Si perché gli elefanti sanno ridere sapete. I loro occhi diventano vivi e accattivanti e le loro risa sono anche contagiose per gli esseri umani. Intanto i mahout sfregano la testa e la schiena dei loro protetti, con il palmo della mano o delle spazzole, liberandoli così dai parassiti. Così gli elefanti torneranno a luccicare come se fossero stati appena creati dall'argilla. Adesso, gli elefanti vengono raramente adoperati per aiutare l'uomo nel trasporto d'enormi quantitativi di teak, tanto da rimanere disoccupati. Ora vengono addestrati a svolgere mille giochi per il solo divertimento del turista. E la loro fatica sarà la stessa di quella spesa per un duro lavoro agricolo, si troveranno ora a contatto con ambienti che non sono a loro congeniali e la pericolosità delle performances sarà spesso disastrosa. Ho sentito un gruppo di turisti criticare l'esibizione di uno show d'elefanti a Chiang Mai e accoglierla con commenti poco benevoli. Ma cosa potrebbe dire, mi domando, l'addestratore se potesse spiegare la fatica di queste bestie, usata ormai per un beneficio turistico? Sono qui solo per riqualificarsi dalla disoccupazione. Ed imparano a giocare a pallone, a guerreggiare tra loro, a stare su con la testa e inscenare una danza con le proboscidi. Ci sono persino delle agenzie che offrono i propri servizi anche agli albergatori, facendo da intermediari con gli addestratori, ed allora si vedranno gli elefanti danzare intorno alle piscine, oppure portare un turista sulla sua groppa, il tempo di far scattare una foto ricordo. E loro hanno spesso paura dei flash e si innervosiscono. I Thailandesi stessi, inoltre, credono che strisciare sotto la pancia di un elefante porti fortuna, e quindi non è raro vedere queste bestie tenute immobili al centro di piazze dove il traffico è intenso, in mezzo al caos e un andirivieni generale. Spesso allora l'elefante si imbizzarrisce e non è raro che avvengano degli incidenti, spesso anche gravi. Durante la permanenza in Asia, non è difficile che l'elefante diventi sempre più familiare fino a diventare spesso compagno nelle scorribande nella giungla tropicale, o al mare. Bisogna ricordarsi però, di non tirare mai la proboscide ad un elefantino, mai fare indispettire un elefante adulto. Anche loro hanno una propria dignità. Ricordiamolo e rammentiamoci anche che dobbiamo loro rispetto!
domenica 28 luglio 2013
Gli elefanti in Thailandia
Cio' che altrove per i sovrani erano gli stalloni o i falchi reali, per i re del siam sono sempre stati i chang puak, gli elefanti bianchi. Chi trovi un esemplare di questo tipo che gia' da giovane presenti macchie rosa sulla fronte o sulle orecchie e abbia occhi e unghie bianchi, in thailandia ha letteralmente il dovere di consegnarlo seduta stante al palazzo reale. Non importa se gli zoologi parlano di "albinismo": qui la gente e' convinta che un gran numero di elefanti bianchi assicuri al re una reggenza fortunata. L'attuale monarca educato in svizzera , ne possiede una quindicina a corte. L'elefante, animale sacro a Buddha, sotto le cui sembianze si dice, egli scese sulla terra e adesso simbolo della Thailandia, corre il pericolo di estinzione e proprio nel suo paese d'origine, una nazione la cui silhouette geografica si dice assomigli ad una testa d'elefante. Il governo ha pertanto, creato un parco nazionale in cui vivono gli ultimi esemplari d'elefanti selvatici. Ma è ben poca cosa. Gli asiatici hanno da sempre addomesticato il mammifero più grosso e più forte della terra, oltre ad averlo cacciato e oltraggiato, e questo pachiderma non è stato solo animale da fatica, nel corso dei secoli i Thai, i Birmani, e i Khmer hanno affrontato infinite battaglie con i loro grandi eserciti di elefanti. E quando, verso la fine del diciannovesimo secolo, re Chulalongkorn (Rama V) accolse in visita ufficiale alcuni ospiti tedeschi, fece organizzare in loro onore una imponente caccia all'elefante. Fino agli anni cinquanta ce n'erano ancora più di 14.000 esemplari. Oggi ne sono rimasti circa tremila soltanto. La gravidanza di un elefante dura dai venti ai ventidue mesi e al massimo nasceranno due piccoli, molto raramente tre, ma in questo caso uno o due non sopravvivranno. Quindi la situazione demografica di queste bestie non potrà certo migliorare in un immediato futuro. Si dovranno attendere molti decenni prima di ristabilire un minimo di riequilibrio e con i pachidermi, bisognerà cercare di salvare, nel contempo, e proteggere il loro habitat naturale : la foresta. Un elefante può lavorare anche 50 anni. Quando è giovane gli verranno assegnati due "mahout", addestratori, uno giovane ed uno più anziano, solitamente padre e figlio, e solo con loro imparerà a spingere, trasportare e impilare la legna di teak. Un addestramento che spesso dura numerosi anni. L'elefante asiatico vive normalmente fino a 80 anni e anche di più e, secondo la legge tailandese, deve smettere di lavorare a 61 anni. Gran parte degli alberi di teak vengono ancora abbattuti in Birmania e nel Laos dalle stesse compagnie del legno. E fra Chiang Mai e Bangkok non è certo un segreto che i ladri di alberi vadano a caccia degli ultimi giganti di teak armati di ricetrasmittenti. Nei loro spostamenti si servono degli elefanti che fanno poco rumore e lasciano meno tracce dei trattori essendo le loro zampe grandi, morbide e che sanno perfettamente distribuire il peso, evitando di danneggiare il terreno e di lasciare evidenti tracce. Per un giorno di lavoro i negrieri della mafia locale guadagnano un enormità, e dovrebbero prendere in considerazione, cosa che spesso ignorano, che un elefante dopo sole cinque ore di attività ha bisogno di due giorni di riposo per ricaricarsi. Nel nord della Thailandia, a Mae Sai, sulle rive del fiume Mae Nam Ping di lato alla frontiera con la Birmania, ora Mianmar, c'è un ristorante da dove, mangiando sulla terrazza, si possono con facilità osservare gli elefanti guidati in riva al fiume. Ogni animale porta sul dorso il proprio conduttore e ne segue i gesti e i comandi ubbidiente, ricordando forse un bambino fiducioso in compagnia del genitore. Si vedono arrivare in fila trottando, le proboscidi penzolanti sulla terra scura, mentre escono dalla foresta fino a raggiungere l'acqua. Allora il capo dei mahout, impartisce ordini secchi gridando "Maab", che vuol dire "seduti". Lo stesso grido verrà ripetuto da mahout a mahout e allora ogni elefante si piegherà, adagio, depositando l'uomo sul greto del fiume e si rotolerà contento nel fango della riva. Qui tutti si lasceranno innaffiare, lavare, strigliare dai loro piccoli padroni. Una gioia generale la loro, pachidermi buoni, che sotto miriadi di gocce brillanti nel sole, fra un sonoro sguazzare, un barrire, li farà persino ridere Si perché gli elefanti sanno ridere sapete. I loro occhi diventano vivi e accattivanti e le loro risa sono anche contagiose per gli esseri umani. Intanto i mahout sfregano la testa e la schiena dei loro protetti, con il palmo della mano o delle spazzole, liberandoli così dai parassiti. Così gli elefanti torneranno a luccicare come se fossero stati appena creati dall'argilla. Adesso, gli elefanti vengono raramente adoperati per aiutare l'uomo nel trasporto d'enormi quantitativi di teak, tanto da rimanere disoccupati. Ora vengono addestrati a svolgere mille giochi per il solo divertimento del turista. E la loro fatica sarà la stessa di quella spesa per un duro lavoro agricolo, si troveranno ora a contatto con ambienti che non sono a loro congeniali e la pericolosità delle performances sarà spesso disastrosa. Ho sentito un gruppo di turisti criticare l'esibizione di uno show d'elefanti a Chiang Mai e accoglierla con commenti poco benevoli. Ma cosa potrebbe dire, mi domando, l'addestratore se potesse spiegare la fatica di queste bestie, usata ormai per un beneficio turistico? Sono qui solo per riqualificarsi dalla disoccupazione. Ed imparano a giocare a pallone, a guerreggiare tra loro, a stare su con la testa e inscenare una danza con le proboscidi. Ci sono persino delle agenzie che offrono i propri servizi anche agli albergatori, facendo da intermediari con gli addestratori, ed allora si vedranno gli elefanti danzare intorno alle piscine, oppure portare un turista sulla sua groppa, il tempo di far scattare una foto ricordo. E loro hanno spesso paura dei flash e si innervosiscono. I Thailandesi stessi, inoltre, credono che strisciare sotto la pancia di un elefante porti fortuna, e quindi non è raro vedere queste bestie tenute immobili al centro di piazze dove il traffico è intenso, in mezzo al caos e un andirivieni generale. Spesso allora l'elefante si imbizzarrisce e non è raro che avvengano degli incidenti, spesso anche gravi. Durante la permanenza in Asia, non è difficile che l'elefante diventi sempre più familiare fino a diventare spesso compagno nelle scorribande nella giungla tropicale, o al mare. Bisogna ricordarsi però, di non tirare mai la proboscide ad un elefantino, mai fare indispettire un elefante adulto. Anche loro hanno una propria dignità. Ricordiamolo e rammentiamoci anche che dobbiamo loro rispetto!
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